In una vecchia foto in bianco e nero del 1954, si vede una donna che abbraccia la statua di Trilussa il giorno della sua inaugurazione, nella piazza dedicata al poeta. Quella donna era Rosa Tomei, la più preziosa collaboratrice di Trilussa.
Carlo Salustri, questo il suo vero nome, era un frequentatore trasversale sia degli ambienti altolocati sia di quelli popolari: passava con disinvoltura dai salotti alle bettole della città. Fu proprio in una di quelle osterie dove amava declamare i suoi sonetti in romanesco che conobbe Rosaria, ribattezzata da lui Rosa. Una giovane ragazza di Latina appena trasferitasi a Roma per sfruttare le sue doti di canto e di ballo. Trilussa sentì qualcosa nella sua voce e decise di farle studiare recitazione. La portò nella sua casa dove la ragazza rimase vent’anni, facendo da governante e cuoca. In poco tempo Rosa imparò a leggere, e stimolata dalla compagnia del suo mentore cominciò a scrivere versi nei quali spicca il grande amore nei confronti di Trilussa, un amore celato, segreto, probabilmente non corrisposto o mai palesato. Il loro rapporto era stretto sebbene non fu mai dichiaratamente intimo. Un connubio durato oltre vent’anni, fino al 1950, l’anno della scomparsa del poeta, da poco nominato senatore a vita.
Rosa morì invece nel 1966 a soli 50 anni, in seguito a un ictus fulminante, senza alcun riconoscimento, relegata al ruolo di semplice serva.
Testo di Gianluigi Spinaci, voce di Donatella Geretto