All’altezza del Mandrione, una lunga fila di arcate costeggia la via Tuscolana, per poi scavalcarla. Gli automobilisti che transitano in questo punto, si trovano a passare sotto un portale ornato da una testa leonina. Questa è la cosiddetta Porta Furba, che battezza l’omonima fermata della metropolitana, poco lontana. In alto c’è un’iscrizione che racconta la sua storia e quella dell’Acquedotto Felice. Due importanti monumenti della Roma rinascimentale, voluti da quello che Giuseppe Gioacchino Belli definisce il “Papa tosto”: Sisto V, al secolo Felice Peretti.
Nato in un villaggio di pescatori delle Marche, figlio di gente povera, il giovane Felice finisce in convento per sfuggire alla fame. Ha appena dodici anni quando diventa novizio, preparandosi a vestire la tonaca da frate francescano, come suo zio. In monastero può studiare e formarsi. Diventa presto un abile predicatore e oratore. Chi lo ascolta parlare ne rimane ammaliato. Tanto che nel 1552 viene chiamato a Roma per tenere alcune omelie durante il periodo di Quaresima. È qui, nella Città Eterna, che conosce l’uomo che gli aprirà la strada verso le massime gerarchie della Chiesa. Si tratta del cardinale Michele Ghislieri che, nel 1566, sale al soglio pontificio, diventando papa Pio V.
Felice, suo protetto, che in quegli anni ha rivestito tante diverse cariche, viene prima nominato vescovo e poi elevato al rango di cardinale. Quando, però, Pio V muore, la sua fortuna sembra eclissarsi. Gregorio XIII, il nuovo Papa, nutre una profonda antipatia nei suoi confronti. Quando scopre che Felice si sta costruendo con i propri risparmi una villa all’Esquilino, lo priva della pensione che riceve in quanto cardinale povero. Per anni, il cardinale Peretti vive ritirato, in umiltà e povertà. Finché, finalmente, non arriva il suo momento. Il 21 aprile 1585, le porte della Cappella sistina si chiudono alle spalle dei quarantadue cardinali riuniti in conclave. In tre giorni, tutto è deciso: Felice Peretti è il nuovo papa di Santa Romana Chiesa.
In soli cinque anni, Sisto V cambia il volto dell’Urbe. Apre nuove strade che collegano punti strategici della città. Fa restaurare la colonna Traiana e quella di Marco Aurelio. Fa ampliare il palazzo del Quirinale. Si occupa del completamento della cupola di San Pietro. Ma soprattutto, dopo secoli, fa costruire l’Acquedotto Felice, il primo acquedotto della Roma moderna, capace con le sue acque di riportare la vita sui colli della Capitale e di dare impulso al rinnovamento urbanistico della città.
(Sara Fabrizi)