Nell’anno 64 d.C. scoppiò a Roma un grande incendio in cui furono distrutti dieci quartieri su quattordici allora esistenti, con gravi perdite umane. Il principale accusato fu l’imperatore Nerone che avrebbe voluto ricostruire completamente la città a suo gusto. Altri, invece, attribuirono la colpa alle fiaccolate notturne fatte dai cristiani, con lo stesso Nerone che si affrettò a fare di essi il capro espiatorio su cui scaricare la colpa dell’incendio.
Le fonti per capire chi sia stato veramente l’autore o il mandante dell’incendio sono Svetonio e Tacito. Il primo attribuisce l’evento a Nerone, giustificandone l’azione e sottolineando la bruttezza dell’architettura romana e le sue stradicciole strette e tortuose. Tacito, invece, esprime un parere totalmente opposto. Ricorda che nel momento dell’incendio, Nerone si trovava ad Anzio, sulla costa, e che rientrò nella capitale soltanto quando il fuoco arrivò a minacciare il suo palazzo, aggiungendo che l’imperatore intervenne per soccorrere i più afflitti aprendogli i suoi giardini e riducendo il prezzo del grano per i più poveri.
Difficile stabilire con sicurezza il colpevole. Certamente il comportamento di Nerone all’indomani dell’incendio contribuì ad alimentare le voci su di lui. Si racconta infatti che mentre le fiamme divampavano in città, l’imperatore si prodigasse nel canto dell’incendio di Troia, accompagnando la voce con il suono della sua lira.
(di Gianluigi Spinaci)