Quello commesso nei confronti di Gaio Giulio Cesare è probabilmente l’omicidio più famoso della storia di Roma. È il 15 marzo del 44 a.C., giorno delle idi, quando il grande politico e generale viene assassinato a seguito di una congiura ordita da gran parte del Senato nei suoi confronti, che temono che Cesare, forse a ragione, voglia organizzare un colpo di Stato e proclamarsi re dopo essersi arrogato nei precedenti due anni i titoli di padre della patria, console a vita, capo delle finanze, capo degli eserciti, capo della guerra e infine dittatore perpetuo.
A guidare la congiura sono Caio Cassio Longino e Marco Giunio Bruto, al quale Cesare, prima di spirare, rivolge la celebre frase: “Tu quoque, Brute, fili mi!”. Quella mattina del 15 marzo, verso le 11, Cesare esce di casa e percorre la via Sacra. Giunto alla Curia, mentre il congiurato Trebonio distrae Marco Antonio, Cesare viene circondato dai congiurati. Tullio Cimbro si butta ai suoi piedi e gli toglie la toga, Publio Casca lo colpisce con un pugnale, seguito dagli altri congiurati, tra cui Marco Bruto.
Il dictator, dopo aver ricevuto in totale 23 coltellate, muore sotto la statua di Pompeo, un tempo suo amico e poi rivale durante la guerra civile del 49 a.C., chiudendo un fondamentale capitolo della storia romana.
(di Gianluigi Spinaci)