L’anguilla è un pesce che ama le acque dolci, salmastre e marine dell’Atlantico e del Mediterraneo, compresi, chiaramente, i suoi tributari come il nostro Tevere. In Italia viene anche chiamata capitone (la femmina) o buratello (il maschio) e il suo colore cambia a seconda delle fasi vitali: bruna e giallastra in acqua dolce, nera e argentata in acqua marina.
È un pesce migratore che non si affatica, perché ama discendere la corrente, e ha un istinto riproduttivo molto forte. L’anguilla caccia la notte, nell’acqua torbida, affidandosi all’olfatto e si nutre di animali sia vivi sia morti, ma si trova, al giorno d’oggi, in “pericolo critico” di estinzione. È una specie difficilmente allevabile in cattività e se rimane abbastanza insensibile all’inquinamento, il suo vero problema è la pesca.
Già gli antichi romani ne apprezzavano le carni, come i greci prima di loro le allevavano assiduamente. Plinio scriveva che le anguille sono l’unico pesce che quando muore non viene a galla. Sul Tevere, la pesca all’anguilla è stata per secoli una pratica tradizionale. All’altezza di Castel Sant’Angelo, la chiatta “der Ciriola”, Luigi Rodolfo Benedetti, storico pescatore di anguille fu uno degli stabilimenti balneari più noti in città tanto da divenire teatro delle scene di alcuni dei film più importanti del neo realismo italiano, tra cui Accattone, Vacanze Romane e Poveri ma belli.
(di Gianluigi Spinaci)