“Tra ttutti li ggiôchi che ss’aûseno a Roma quello che pporta er vanto è er gioco de la Passatella.” Parole di Giggi Zanazzo, che riportò nello scritto Regole p’er giôco de la Passatella i dettami di questo antichissimo gioco, antenato dei moderni drinking games.
Perfino papa Sisto V, nel 1575, sentendone parlare, incaricò uno dei suoi prelati di capirne le modalità e, una volta messo a conoscenza, volle provarlo di persona. Si partecipava con un quartarolo di vino, circa quattordici litri, rigorosamente della casa, dividendone il costo tra i giocatori. Dopo la “conta” veniva eletto il “Commanno”, che beveva il primo bicchiere e decideva quanto bere, seguito dal “Sottocapo”, che invece distribuiva il vino. Il Commanno dava i tempi e le quantità di mescita, uguali per tutti, pronunciando la formula: “Senza trucco e senza ’nganno, senz’accordo e senza danno, cor bicchiere sempre cormo e uno solo aregge l’ormo”.
“Aregge l’ormo” significava che un solo partecipante, per quel giro, sarebbe rimasto a bocca asciutta, con il Sottocapo che aveva l’enorme potere di scegliere il malcapitato, esclamando: “Passo!”. Era vietato sorseggiare: il bicchiere veniva riempito secondo la volontà del Commanno e bisognava bere “a fonno bianco”, senza lasciare neanche una goccia. Spesso, per sgarbi tra vicini, antipatie o questioni di donne, l’ormo, colui che non beveva, era sempre lo stesso, con le partite che finivano di frequente a cazzotti e coltellate.
(di Gianluigi Spinaci)