A cura di Gianluigi Spinaci
Gli anni della “cattività avignonese” (1305-1377), in cui la sede papale viene spostata da Roma nella città francese di Avignone, sono tra i più caotici per quanto riguarda la vita politica della città eterna, che si trova in preda agli scontri tra le grandi famiglie nobiliari dei Colonna, degli Orsini e dei Caetani per il suo controllo.
È in questo contesto che emerge la figura di Cola di Rienzo. Popolano insolitamente colto, figlio di un taverniere del rione Regola, cresciuto con il mito della Roma imperiale e notaio, che si reca ad Avignone per chiedere a Clemente VI di ritornare a Roma. Tornato in città come notaio della Camera capitolina, guadagna un consenso tale da impadronirsi del Campidoglio con un colpo di Stato, facendosi proclamare “tribuno della pace, della libertà e della giustizia e liberatore della Sacra Repubblica Romana”. Il suo programma politico è chiaro: sottomettere i nobili e restaurare l’antica e gloriosa repubblica romana. Fuggito a Praga per scampare a una congiura aristocratica, rientra a Roma nel 1354 con la carica di senatore, ma la sua politica autoritaria e di innalzamento delle tasse lo allontana dal favore del popolo.
Così, l’8 ottobre 1354, nel corso di una sommossa popolare fomentata dai Colonna e da altri nobili, Cola di Rienzo viene massacrato, il suo corpo bruciato e le sue ceneri disperse.