La più importante basilica del rione Monti è nota soprattutto per l’imponente statua corrucciata e pensosa del Mosè, scolpita da Michelangelo intorno al 1515 per decorare il mausoleo di papa Giulio II che, nonostante il grandioso progetto, rimase in gran parte incompiuto. Ma la chiesa di San Pietro in Vincoli ha una storia molto più antica.
Fu infatti fondata nel V secolo da Licinia Eudossia, moglie dell’imperatore Valentiniano III, come scrigno per custodire una delle reliquie più sacre della cristianità: le rugginose catene, in latino vincula, che secondo la tradizione erano state usate per imprigionare San Pietro nel corso della sua prigionia in Terrasanta. Quando Eudossia, giunta a Roma da Costantinopoli, donò la reliquia a papa Leone Magno, avvenne un portento che sarebbe rimasto scolpito nelle memorie della Chiesa: le catene provenienti da Gerusalemme miracolosamente si saldarono con quelle conservate a Roma e usate per legare l’apostolo nel carcere Mamertino, a due passi dal Foro Romano.
In un’epoca molto confusa, in cui la pressione dei barbari alle porte dell’impero diviso in due si faceva sempre più intensa, molti interpretarono la fusione tra le sacre reliquie di Oriente e Occidente come un monito e un invito divino a riunificare i due mondi, evento che però non si sarebbe mai verificato. Come accade spesso nel centro di Roma, la chiesa fu edificata su resti di costruzioni precedenti. Murature che erano appartenute a case di differenti epoche e probabilmente anche al complesso della Domus Aurea, la sfarzosa residenza dell’imperatore Nerone.
(Gianluigi Spinaci)