Giuseppe Gioacchino Belli è stato il poeta vernacolare romanesco più importante della storia della nostra città. Il suo personaggio si discosta molto dall’ideale del poeta, visto spesso come una figura riflessiva e introversa, che se ne sta in un angolo buio a scrivere versi d’amore. Già, perché l’anima poetica di questa città è satirica, divertente e irriverente, e pur affrontando importanti tematiche sociali e culturali ha un approccio diretto, riflette senza rinunciare all’intrattenimento.
Per tutto l’Ottocento e agli inizi del Novecento, i poeti vernacolari decantavano i loro sonetti nelle osterie, nelle piazze, durante gli eventi pubblici. Si facevano voce di quelle che erano le problematiche della città. Frequentavano botteghe, mercati, vicoli; parlavano con artigiani, panettieri, mendicanti e prelati. Conoscevano a fondo la voce del popolo, che da parte sua chiedeva di essere raccontato nei loro versi.
Il Belli riproduce la mentalità dei popolani romaneschi, la loro filosofia, la loro disillusione, la loro arguzia e anche la loro ignoranza. La sua opera non è importante solo da un punto di vista sociologico – specchio degli usi, dei costumi e delle credenze dell’epoca – ma anche linguistico: sui suoi testi, infatti, possiamo studiare quello che era l’autentico dizionario romanesco dell’Ottocento.
(di Gianluigi Spinaci)