Sembra un film gangster ambientato a Trastevere tra gli anni Settanta e Ottanta: un uomo esce dalla sala da biliardo di un bar di piazza San Cosimato, e sale sulla sua Renault 5. Un ragazzo si avvicina e spara un colpo di pistola che attraversa il finestrino. L’uomo, colpito al fianco, accende l’auto e arriva all’ospedale Nuovo Regina Margherita, dove viene operato d’urgenza. Ma non ce la fa. È il 13 settembre 1980 e quell’uomo è Franco Giuseppucci, Er Negro, capo dell’organizzazione criminale nota come Banda della Magliana.

Articolo dell’omicidio di Franco Giuseppucci sul Messaggero del 14 settembre 1980 (fonte: Wikipedia)
Forse durante quella corsa in ospedale avrà pensato al forno del padre, da cui ha ereditato il primo soprannome, Er Fornaretto. Un lavoro faticoso e poco remunerativo, che mal si addiceva alla sua passione per poker e belle macchine. Per quelle serve la grana, e così comincia a frequentare brutte compagnie, facilmente reperibili a Trastevere in quegli anni.
Er Fornaretto è sveglio, e con il metodo della “stecca para pe’ tutti” crea a Roma ciò che in Italia esisteva solo al Sud: riunisce in una sola organizzazione tutte le realtà malavitose della città, divise allora in microcosmi rionali detti “batterie”.
La Banda controlla il gioco d’azzardo, la prostituzione e lo spaccio di droga nella capitale, entrando in contatto con tutte le società criminali italiane, la massoneria deviata, il terrorismo nero e ambienti legati alla politica e alla finanza. La storia della batteria di Giuseppucci nasce e in parte muore con lui a Trastevere, ma resterà per sempre legata a tanti misteri italiani.
(di Gianluigi Spinaci)