Sembra un film gangster ambientato a Trastevere tra gli anni Settanta e Ottanta: un uomo esce dalla sala da biliardo di un bar di piazza San Cosimato, e sale sulla sua Renault 5. Un ragazzo si avvicina e spara un colpo di pistola che attraversa il finestrino. L’uomo, colpito al fianco, accende l’auto e arriva all’ospedale Nuovo Regina Margherita, dove viene operato d’urgenza. Ma non ce la fa. È il 13 settembre 1980 e quell’uomo è Franco Giuseppucci, Er Negro, capo dell’organizzazione criminale nota come Banda della Magliana.
Forse durante quella corsa in ospedale avrà pensato al forno del padre, da cui ha ereditato il primo soprannome, Er Fornaretto. Un lavoro faticoso e poco remunerativo, che mal si addiceva alla sua passione per poker e belle macchine. Per quelle serve la grana, e così comincia a frequentare brutte compagnie, facilmente reperibili a Trastevere in quegli anni.
Er Fornaretto è sveglio, e con il metodo della “stecca para pe’ tutti” crea a Roma ciò che in Italia esisteva solo al Sud: riunisce in una sola organizzazione tutte le realtà malavitose della città, divise allora in microcosmi rionali detti “batterie”.
La Banda controlla il gioco d’azzardo, la prostituzione e lo spaccio di droga nella capitale, entrando in contatto con tutte le società criminali italiane, la massoneria deviata, il terrorismo nero e ambienti legati alla politica e alla finanza. La storia della batteria di Giuseppucci nasce e in parte muore con lui a Trastevere, ma resterà per sempre legata a tanti misteri italiani.
(di Gianluigi Spinaci)