A Roma esiste un detto, in uso tra le persone più anziane a mo’ di minaccia verso i ragazzi indisciplinati, bisognosi di una raddrizzata: “Guarda che te mando dai discoli”. I discoli erano i ragazzi rei o inviati a castigo dai genitori nel carcere correzionale minorile del Complesso di San Michele, tra la porta Portese e il vecchio porto di Ripa Grande.
Nata nel 1701 da un progetto di Carlo Fontana, fino al 1938 questa struttura ha ospitato tutti i monelli della città, con un solo periodo di pausa in cui il carcere è servito per i detenuti politici durante le occupazioni francesi nella seconda metà dell’Ottocento. All’interno del carcere il discolo era seguito da uno scolopio, sacerdote della congregazione delle Scuole pie, che lo istruiva e lo educava. Il suo vitto era pane e acqua, a volte un po’ di minestra, dormiva su un giaciglio di paglia e aveva i piedi incatenati; le mani dovevano essere libere per filare il cotone o per pregare e il suo intimo veniva cambiato ogni otto giorni.
Il padiglione minorile, ristrutturato mantenendo le sessanta celle originali, è affiancato da un altro che, dal 1740, per oltre un secolo ha ospitato detenute ree di malaffare. Questa seconda struttura conserva ancora una latrina originale e alcuni muri, con annessi graffiti, rimasti intatti. Sede dal 1939 dell’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro, oggi il Complesso di San Michele è parte del palazzo del ministero dei Beni e delle Attività Culturali e ospita la Scuola di Alta Formazione per chi voglia svolgere il mestiere di restauratore.
(di Gianluigi Spinaci)