Sul muro di una cella di Regina Coeli, incisa con un chiodo, c’è una scritta: “Sono Anticoli Lazzaro, detto Bucefalo, pugilatore. Si nun arivedo la famija mia è colpa de quella venduta de Celeste. Arivendicatemi”. È la testimonianza di un martire delle Fosse Ardeatine, Lazzaro Anticoli, ebreo del Ghetto. Una voce che viene dal passato per accusare colei che lo ha venduto ai nazifascisti. La chiama per nome perché tutti la conoscono. È Celeste Di Porto, giovane ebrea di nemmeno vent’anni.
Fin da ragazzina, la chiamano la Stella di Piazza Giudia perché è bellissima, la più bella di tutto il quartiere. Molto povera, Celeste si adatta ad accettare lavori umili. Finché non la prendono come cameriera al ristorante Il Fantino, nell’odierna piazza delle Cinque Scole. È qui che, alla fine degli anni Trenta, si imbatte in Vincenzo Antonelli, milite fascista, addetto all’ufficio informazioni del Ministero degli interni. Per i vicoli del Ghetto comincia a girare voce che i due siano amanti. Che sia vero oppure no, è certo che la giovane frequenta i fascisti. È loro amica, gode del loro favore e della loro protezione.
Nell’autunno del 1943, quando i tedeschi occupano Roma e cominciano i rastrellamenti, Celeste diventa un’attiva collaboratrice del nemico. Allettata forse dalle laute ricompense promesse a chi denuncia gli ebrei, segnala i suoi conoscenti. Lazzaro Anticoli finisce alle Fosse Ardeatine a causa sua. Celeste offre il suo nome in cambio di quello del proprio fratello, Angelo Di Porto, finito per caso nella famigerata lista redatta dopo l’azione di via Rasella. Nel dopoguerra, “la pantera nera” cerca di far sparire le proprie tracce, rifugiandosi a Napoli. Ma viene riconosciuta e arrestata. Portata a processo per i suoi crimini, sarà condannata a 12 anni di carcere. Ne sconterà soltanto 7, grazie all’indulto.
(Sara Fabrizi)