Al Flaminio, in via Cesare Beccaria 92, dietro palazzo Salviati, sorge un grazioso villino liberty. È la casa in cui ha vissuto, fino alla veneranda età di 100 anni, il generale Alberto Briganti. L’uomo che, come recita il suo libro di memorie, visse tre volte.
Nato nel 1896, militare di carriera, Briganti partecipa a entrambe le guerre mondiali, guadagnando una lunga serie di riconoscimenti e medaglie. Ma è quel che gli accade dopo l’8 settembre 1943 a renderlo un personaggio quasi mitico. Quando Badoglio proclama l’armistizio per poi fuggire verso sud insieme al sovrano, i tedeschi aggrediscono gli ex alleati italiani. Briganti, che si trova a Rodi, in qualità di comandante dell’Aeronautica dell’Egeo, tenta in tutti i modi di opporsi. Nonostante gli sforzi, però, i nazisti riescono a prevalere. Pur potendo, il generale non cerca di fuggire. Così, viene arrestato e deportato in un campo di concentramento in Polonia. Sopporta per mesi fame e fatica, gelo e soprusi di ogni tipo. Finché nel gennaio 1945, di fronte all’avanzata dell’esercito sovietico, i tedeschi decidono di sgomberare il lager. Nel corso di quella lunga marcia nella neve, il generale Briganti e due suoi compagni riescono a fuggire. Trovano rifugio in casa di un contadino, che li ospita.
Ma il 25 gennaio 1945, nel villaggio arrivano i russi. Per loro, italiano significa fascista. Di conseguenza, quando li trovano decidono di fucilarli sul posto. Briganti cade, tramortito da uno sparo. Poi gli danno il colpo di grazia, colpendolo alla testa. Lo lasciano disteso a terra, come morto. Ma il generale respira ancora. Poco dopo, riapre gli occhi e con le energie che gli restano si trascina fino in casa. È lì che lo trova una seconda pattuglia sovietica. Di nuovo, gli puntano contro una pistola. D’istinto, lui solleva una mano, riuscendo a deviare di poco il colpo, che non prende un centro vitale. Fingendosi morto, Briganti sopravvive anche a questa seconda fucilazione. Soltanto in ottobre, dopo molte peripezie, potrà tornare in Italia dove vivrà ancora una lunga vita.
(Sara Fabrizi)