In via Monte Zebio 28, a due passi dalla Rai di piazza Mazzini, una targa sul muro ci invita a una breve sosta. Fermandoci per un momento, possiamo leggere che questa è stata la casa di Umberto Nobile, “esploratore, scienziato, pioniere dell’aeronautica italiana, due volte conquistatore del Polo Nord”.
La sua grande impresa avviene a bordo dei dirigibili che lui stesso ha progettato e costruito all’interno dello Sca, lo stabilimento costruzioni aeronautiche in viale Giulio Cesare, oggi scomparso. Il primo è il Norge, il cui nome significa “Norvegia”. È l’Aero Club Norvegese, infatti, ad acquistare il velivolo con l’intento di organizzare una grande spedizione che arrivi a sorvolare i ghiacci polari.
L’idea viene da Roald Amundsen, celebre esploratore che è già riuscito, più di dieci anni prima, a raggiungere il Polo Sud con i cani da slitta. Quel mezzo si è rivelato fallimentare per il nord. Per questo ha deciso di incontrare Umberto Nobile per coinvolgerlo in questa missione. Il 10 aprile 1926, il Norge si alza in volo dall’aeroporto di Ciampino. A bordo, insieme all’equipaggio, c’è anche Titina, l’adorata cagnetta da cui Nobile non si separa mai. Poco più di un mese dopo, il 12 maggio, la meta viene raggiunta. Sul Norge, però, non c’è un bel clima. Tra Nobile, comandante del dirigibile, e Amundsen, capo della spedizione, si accende la rivalità. Entrambi vorrebbero vedersi riconosciuto un ruolo di primo piano nell’impresa. Condividere gloria e merito? Non se ne parla proprio.
Due anni dopo, nel 1928, Nobile replica l’avventura del Grande Nord. Questa volta, il dirigibile su cui viaggia si chiama Italia. Tutto procede normalmente fino all’arrivo. Ma durante il viaggio di rientro, le avverse condizioni meteorologiche creano forti difficoltà. La gloriosa impresa si tramuta in tragedia quando l’Italia si schianta sul pack. Parte dell’equipaggio viene sbalzato a terra, mentre gli altri spariscono nel cielo, trascinati via dal vento che sospinge via il dirigibile. Ci vorranno settimane prima che i superstiti vengano tratti in salvo.
(Sara Fabrizi)