La chiamano tomba del fornaio. È un curioso sepolcro che si staglia su piazzale Labicano, proprio di fronte all’arco di Porta Maggiore. Il nome del suo proprietario si scopre leggendo l’iscrizione ripetuta sui tre lati ancora integri del monumento funebre: “Questo sepolcro appartiene a Marco Virgilio Eurisace, fornaio, appaltatore, apparitore”.
Tutto quello che sappiamo di Eurisace lo sappiamo da lui stesso, attraverso quest’opera lasciata ai posteri a eterna memoria. Probabilmente, si tratta di un liberto cioè di un ex schiavo che è riuscito ad affrancarsi dalla propria condizione servile. Tornato in libertà, decide di avviare un’attività, aprendo un forno. Si mette in proprio, come diremmo ai giorni nostri. Con abilità e fiuto negli affari, riesce ad accrescere la propria fortuna. Guadagna molto, ottenendo anche delle commesse statali. Potremmo dire che Eurisace non è un semplice fornaio. È un vero e proprio imprenditore del pane, quasi un prototipo del nostro “self made man”, l’uomo che si è fatto da solo. Non è affatto strano che ne vada orgoglioso, tanto da voler mostrare a tutti quello che è riuscito a ottenere con le proprie forze.
Per questo, mentre è ancora in vita, fa preparare per sé e per la propria moglie questo insolito monumento funebre che, nelle sue forme, richiama insistentemente il suo mestiere. Il fregio che corre tutto intorno rappresenta le varie fasi del processo di panificazione, dalla pesatura del grano fino alla vendita del prodotto finale. Vari altri dettagli ricordano bocche di forni e sacchi. Persino l’urna cineraria, in cui sono conservate le spoglie della moglie, Atistia, viene descritta come un paniere.
(Sara Fabrizi)