Nel cuore di Montesacro, in mezzo a tante strade che portano nomi di montagne, c’è un luogo che fa eccezione a questa “regola toponomastica”. Sulla targa stradale si legge: “Piazza Menenio Agrippa”. Nient’altro, neanche una riga per spiegare chi sia questo personaggio, che merita di essere ricordato in una delle piazze più centrali del quartiere. La sua storia, però, si lega strettamente a quella di Montesacro.
È il 494 a.C. Da una manciata d’anni, Roma è divenuta una repubblica. L’ultimo re, Tarquinio il Superbo, che aveva regnato tra mille soprusi e violenze, è stato scacciato. Ma le sofferenze della plebe non sono finite. Il potere è concentrato nelle mani dei patrizi, che fanno le leggi a proprio uso e consumo. Le classi più povere non hanno alcuna rappresentanza politica. Nel 494 a.C., l’equilibrio si rompe. All’ennesima chiamata alle armi, i soldati decidono di ribellarsi. Sobillato da un certo Caio Sicinio Belluto, il popolo decide di mettere in atto un vero e proprio sciopero. In massa, i plebei si accampano sul Monte Sacro, una collinetta al di là dell’Aniene, fuori dalle mura di Roma.
La situazione è grave. Urge trovare una soluzione per porre fine all’ostilità. I senatori confidano nell’ex console Menenio Agrippa. È un patrizio, certo. Ma tutti lo amano e lo stimano ed ha grandi capacità dialettiche. Salito sulla collina, Menenio si rivolge ai plebei con parole semplici e chiare. Parla per metafore, raccontando un piccolo apologo. Una storiella che evidenzia come ci sia bisogno di concordia tra le parti perché un organismo possa sopravvivere. Così, li convince a tornare a mettere da parte l’astio e rientrare in città. Quando morirà, alla fine di quello stesso anno, gli saranno tributati immensi onori a spese dello Stato.