Appena fuori dalla stazione di Trastevere, una targa stradale indica “via degli Orti di Cesare”. Un nome molto evocativo, che rimanda a un luogo realmente esistito a Roma. E legato alla presenza, in riva al Tevere, dell’ultima regina d’Egitto: Cleopatra.
È il 46 a.C. quando l’affascinante regina giunge in città. A invitarla è lo stesso Cesare, rientrato trionfante nell’Urbe, reduce da una lunga serie di campagne militari vittoriose. Il generale la vuole accanto a sé. Questa giovanissima donna, colta, brillante e seducente, è riuscita ad ammaliarlo fin dal loro primo incontro ad Alessandria d’Egitto.
Cleopatra gli si è presentata avvolta all’interno di un sacco per tappeti. Ha dovuto usare un simile escamotage per superare la sorveglianza posta intorno al palazzo reale, dimora del suo acerrimo nemico: il fratello (e marito) Tolomeo XIII. Quel giorno, dicono le fonti, i due sono divenuti amanti e alleati, stretti da un legame fatto di passione e interessi politici. Adesso, hanno in comune anche un figlio, che Cleopatra ha voluto chiamare Cesarione.
A Roma, però, Cesare ha una legittima sposa, la devota Calpurnia. Forse è proprio per questo che decide di ospitare Cleopatra nei suoi Orti, al di là del Tevere, fuori dal confine delle mura, lontano da sguardi indiscreti. Quando la regina raggiunge questa vasta proprietà, trova un’amara sorpresa: una landa desolata, dove il potente generale tiene al pascolo una mandria di cavalli. Abituata a sfarzi regali e raffinatezze, Cleopatra trasforma questo luogo in una vera reggia, dove accoglie una corte fatta di grandi letterati, astronomi, artisti, scienziati. Tra di essi, a quanto pare, c’è anche il giovanissimo poeta Orazio. Lo stesso che, quando la regina morirà nel 30 a.C., esulterà, invitando i romani a brindare per la sua fine: “Nunc est bibendum” (“Ora bisogna bere”).
(Sara Fabrizi)
Nella foto, la statua di Cleopatra opera di Girolamo Masini, esposta alla Galleria di Arte Moderna di Roma