Galleria Borghese è un maestoso rifugio nascosto tra le fronde degli alberi di Villa Borghese; un luogo assolato in cui curare le ferite dell’anima attraverso mosaici di arte sublime. Tra tutti i capolavori esposti ce n’è, però, uno che più di ogni altro è rappresentativo dell’intera Galleria. La luce che proviene dal suo marmo sarebbe quasi accecante se, contemporaneamente, non si venisse avvolti dalla morbida bellezza immortale della figura femminile che ne costituisce il fulcro. Si tratta del ritratto marmoreo di Paolina Borghese, realizzato nel 1805 da Antonio Canova.
Forse la più potente espressione del neoclassicismo scultoreo a Roma.
Questo capolavoro, ingentilito da un velo di cera a rendere la grana del marmo perfetta, fu commissionato da Camillo Borghese, ricco e famoso principe romano, per celebrare l’avvenenza della sua giovane sposa, Paolina Bonaparte. Ancora prima di essere completata quest’opera già seminava scandali per la serenità con cui la giovane musa si era mostrata senza veli allo scultore.
Paolina era la più giovane sorella di Napoleone e l’unica che, quando fu imprigionato all’Isola d’Elba, si degnò di andarlo a trovare. Era una donna bellissima; i suoi amanti, nell’arco di 20 anni, pare siano stati più di 30. Innamorata del lusso e del suo aspetto, si racconta fosse una persona piuttosto frivola e capricciosa e mal sopportò il normale decadimento delle carni, al punto da nascondere a se stessa (e agli altri) – una volta invecchiata – persino la vista della scultura di Canova che l’avrebbe resa immortale presso i posteri.
Paolina Bonaparte posa come Venere vincitrice, con il pomo d’oro tra le flessuosa dita, subito dopo averlo ricevuto da Paride, preferendola a Minerva e Giunone. In origine, quest’opera stupefacente era visibile anche di notte: girava su un basamento rotante ed era illuminata dalle candele.