Proprio di fronte a Villa Pamphili, lungo via di San Pancrazio, sorge un edificio dall’aspetto caratteristico. Un profilo alto e stretto, la facciata tinteggiata di giallo pallido, su cui spicca un’antica edicola sacra. Siamo arrivati di fronte al ristorante Scarpone, storico locale del Gianicolo, erede di una tradizione più che secolare. E di un nome che, a quanto pare, gli sarebbe stato attribuito da Giuseppe Garibaldi in persona.
Nel giugno del 1849, la città è sotto assedio. La neonata Repubblica Romana deve difendersi dal feroce attacco da parte dell’esercito francese, deciso a restituire il potere al pontefice, Pio IX. Gli scontri si concentrano soprattutto nell’area del Gianicolo. Nelle pause tra un combattimento e l’altro, il prode Garibaldi viene spesso qui, nella piccola osteria di via San Pancrazio. Scende di sella, lega il suo cavallo a un albero e si accomoda a uno dei tavoli all’aperto, sotto le fronde. Ormai è entrato in confidenza col proprietario, un oste bonario, che si divide tra il lavoro nella locanda e quello nel vicino orto. Quando serve ai tavoli, spesso ha ancora le scarpe sporche di fango. Per questo, l’Eroe dei due mondi gli affibbia quel nomignolo: Scarpone.
A causa della sua posizione avanzata, l’antico casale – noto anche come Casa Giacometti – è protagonista diretto degli scontri sotto le Mura Gianicolensi. Per ordine del generale Garibaldi, infatti, esso diviene un importante presidio strategico. Dalle sue finestre fischiano le pallottole contro i nemici francesi asserragliati nel Casino dei Quattro Venti. È qui che, colpito a morte dai nemici, si spegne Enrico Dandolo, generoso patriota che sacrifica la propria vita in nome di un ideale.
(Sara Fabrizi)