Conosci le statue parlanti di Roma? Sono sei: Pasquino, Marforio, Madama Lucrezia, Er Babuino, Abate Luigi e Il Facchino. In questo itinerario vi portiamo a conoscerle, tracciando insieme a voi la mappa di tutte e sei le statue parlanti della Capitale. La loro storia inizia nel Seicento, ai tempi dello Stato Pontificio, quando esponenti del popolo esprimevano la propria protesta incollando ad una statua sonetti che traducevano in versi la critica al sistema. E non è raro trovare, ancora oggi, dei biglietti ai piedi delle statue. Prepariamoci, ora, a conoscere più da vicino questi curiosi e leggendari personaggi di pietra.
- Pasquino, la statua che dà voce al popolo, prima contro i Papi poi contro i potenti
- “Non ne posso veder più”, così si lamentava la statua parlante di Madama Lucrezia
- Er Babuino la statua parlante più brutta e invidiosa di Pasquino
- Marforio, la statua parlante “spalla” del celebre Pasquino
- Abate Luigi, satira senza testa: l’ultima decapitazione nel 1966
- Il Facchino che “visse quanto potè”, statua parlante presa a sassate dai romani
PASQUINO, LA STATUA CHE DÀ VOCE AL POPOLO
Iniziamo il nostro viaggio da piazza Pasquino. Sì, avete capito bene, la piazza prende il nome proprio dal “leader” delle statue parlanti, Pasquino. Ma per capire la sua storia dobbiamo tornare indietro nel tempo, fino a una mattina del 1625, quando al collo della statua che si staglia all’angolo della via appare un messaggio: “Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini” ( “Ciò che non hanno fatto i barbari, l’hanno fatto i Barberini”). L’attacco è diretto a papa Urbano VIII, della famiglia Barberini, colpevole di aver fatto fondere i bronzi del Pantheon per farne cannoni. Oltre che per realizzare le colonne del baldacchino di San Pietro. Da quel giorno nasce il mito di Pasquino, la statua parlante che con versi e motti di spirito dà voce al malcontento popolare.
MADAMA LUCREZIA, L’UNICA DONNA
Il nostro percorso prosegue sempre nel centro di Roma, fino ad arrivare all’angolo tra Palazzo Venezia e la Basilica di San Marco al Campidoglio. Qui si trova Madama Lucrezia,unica donna tra le statue parlanti di Roma. Il mezzo busto deve il suo nome a Lucrezia d’Alagno, una nobildonna del quindicesimo secolo, amante di Alfonso V di Aragona, allora re di Napoli. Lucrezia si recò a Roma per farsi concedere il divorzio dal Papa, che però glielo rifiutò.
Ogni primo maggio si era soliti vestire ed adornare il mezzo busto come una vera dama, in occasione del ‘’Ballo dei Guitti’’. Attorno al suo corpo venivano poste collane d’aglio, cipolle, nastri e peperoncini. Fu poi al centro di alcune manifestazioni popolari romane particolarmente accese: nel 1799 fu fatta cadere dal piedistallo e, essendo a testa in giù, il popolo rivoltoso affisse sul suo dorso la scritta “Non ne posso veder più!’’.
ER BABUINO, LA STATUA PARLANTE PIÙ BRUTTA
Continuando nel tragitto alla scoperta delle statue parlanti, ecco quella oggettivamente più brutta, non a caso chiamato Er Babuino, situata appunto in via del Babuino, che rappresenta un barbuto sileno sdraiato. Sin da subito il Babuino entrò in competizione con Pasquino, tanto che le invettive appese al suo collo prendono il nome di ‘’babuinate’’ e non pasquinate come per Pasquino e le altre statue parlanti.
Invidioso della fama e del successo di Pasquino un giorno il Babuino sentenziò: “Dunque vi andrà per la città latina sempre Pasquin Pasquino trionfante, in sala decantato et in cucina, come se Babuin fosse un birbante e non havesse anch’ei presso le sponde del fonte caballin sfidato Dante. S’interroga Pasquin, Pasquino risponde. Altri lo fan zelante, altri profeta e il nome suo quello d’ogni altro asconde…”. Ma non riuscì mai ad ostacolare il successo di Pasquino, che risponderebbe probabilmente al Babuino: “Gli autori della satira fur tre: la penna d’oca, il calamaio e me!”.
MARFORIO, LA SPALLA DI PASQUINO
La quarta tappa del nostro itinerario sono i Musei Capitolini, in piazza del Campidoglio, dove possiamo trovarci faccia a faccia con un alleato di Pasquino, tanto da essere definito come la sua spalla: Marforio. Le due sculture della satira di pietra spesso si esprimevano attraverso dialoghi in dialetto, che appassionavano il popolo romano. Le pasquinate tra Pasquino e Marforio erano strutturate sul botta e risposta finalizzate a colpire il malaffare del tempo o a porre domande sul sociale e la politica. La più famosa è la domanda che Marforio pone durante le razzie perpetrate dai francesi di Napoleone all’inizio dell’Ottocento: “È vero che i Francesi sono tutti ladri?” e Pasquino: “Tutti no, ma Bona Parte”.
La statua appresenta probabilmente l’allegoria del Tevere o del suo affluente, il Nera. È stato ritrovato nel Cinquecento nel Foro d’Augusto, davanti al tempio di Marte Ultore che prese poi il nome Foro di Marte, da cui deriverebbe il nome Mar-Foro.
L’ABATE LUIGI, LA STATUA DECAPITATA
Al lato della Chiesa di Sant’Andrea della Valle, in Corso Vittorio Emanuele II, si trova, invece, la statua dell’Abate Luigi, colui che ebbe “Nelle satire urbane eterna fama”, come enuncia chiaramente l’iscrizione marmorea sul suo piedistallo. La particolarità di questa statua è che fu decapitata più volte. Un gesto che, però, più che alla censura ai danni della protesta popolare è da attribuirsi ad atti di vandalismo.
La testa è stata quindi più volte sostituita e, proprio in seguito all’ultima decapitazione del 1966, l’Abate Luigi si decise a parlare, per mezzo di un cartello anonimo che recitava queste parole: ‘’ O tu che m’arubbasti la capoccia, vedi d’ariportalla immantinente, sinnò, vòi véde? Come fusse gnente me manneno ar Governo. E ciò me scoccia.’’ Si narra infatti che nei magazzini del Comune di Roma si conservino casse su casse di teste dell’Abate Luigi.
IL FACCHINO, LA SCULTURA PIÙ PICCOLA
Per l’ultima tappe del nostro viaggio, spostatevi in via Lata, traversa di via del Corso: addossata al muro del palazzo, troverete la fontanella del Facchino. Si tratta della statua parlante più piccola e più giovane del Congresso degli Arguti, realizzata nel 1580. Viene definita anche come la più bella tra le sei, al punto da pensare che l’artefice sia niente di meno che Michelangelo. Altre teorie sostengono che invece sia opera del pittore fiorentino Jacopo Del Conte che la realizzò su incarico della Corporazione degli Acquaroli, coloro che raccoglievano l’acqua dalle fontane pubbliche durante la notte e la rivendevano porta a porta durante il giorno.