È il tramonto. Una carrozza percorre lentamente via Nomentana. A bordo ci sono Andrea Sperelli ed Elena Muti, la sua bellissima amante. A qualche centinaio di metri dal Ponte Nomentano, il cocchio si ferma. Elena chiede al compagno di scendere insieme. “Io parto stasera. Questa è l’ultima volta” gli dice, facendogli intendere che la loro storia è arrivata al capolinea. Lui disperato le prende la mano, cerca di convincerla a restare. Prova a evocare i dolci momenti trascorsi insieme per trattenerla. Glieli racconta, come fosse una favola. Lei lo ascolta, rapita. Poi, gli domanda di andare. Vorrebbe dell’acqua perché ha sete. Così i due si avviano “verso l’osteria romanesca, passato il ponte”.
La scena appena descritta è del tutto immaginaria. Viene fuori dalle pagine de Il Piacere, romanzo d’esordio di Gabriele d’Annunzio, pubblicato nel 1889. Il luogo verso cui si avviano i due protagonisti, però, è reale ed esiste ancora oggi, sebbene sotto un’altra insegna. Si tratta dell’antica Osteria dei Cacciatori, collocata in via Nomentana, all’odierno civico 414, a due passi da Ponte Nomentano. Il casale in cui è collocata potrebbe risalire addirittura al Cinquecento. L’attività, invece, probabilmente prende avvio intorno al 1744, quando la congregazione delle suore del convento di San Silvestro in capite dà in affitto la tenuta.
Era una trattoria di campagna, ritrovo alla buona per contadini e gente di passaggio. La storia la ricorda per un fatto di cronaca rimasto negli annali. Qui, infatti, il 23 gennaio 1871, si scatena un feroce scontro tra reduci garibaldini e forze dell’ordine. La polizia interviene nel corso di una manifestazione perché, dall’alto del balcone dell’Osteria, un uomo ha cominciato ad arringare la folla con discorsi antimonarchici.
(Sara Fabrizi)