In una delle sale della Galleria d’arte moderna e contemporanea di Roma è conservato un dipinto del 1930. Si intitola Gli amici al caffè (nell’immagine sotto) e rappresenta l’interno di un locale, affollato. Un cameriere passa tra i tavoli, a cui sono sedute una decina di persone. Sono gli amici del pittore, Amerigo Bartoli, che si raffigura in mezzo a loro. Tra gli altri, si riescono a riconoscere Giuseppe Ungaretti, Ardengo Soffici, Vincenzo Cardarelli, Emilio Cecchi, Roberto Longhi, mostri sacri della letteratura, dell’arte, della musica. Tutti riuniti ai tavoli di uno dei caffé più in voga al tempo: il centralissimo Caffè Aragno.
Aperto nel 1886 al numero 180 di via del Corso, il Caffè Aragno vanta una clientela ricca e colta. Non ci sono soltanto gli intellettuali, che prediligono per le loro riunioni la cosiddetta “terza saletta”. Vista la vicinanza con i palazzi del potere, anche i politici e i giornalisti lo frequentano con piacere. Proprio questa posizione quasi di avamposto, lo rende protagonista di diversi episodi di cronaca che scuotono la quiete mondana del centro.
È il 14 novembre 1906, intorno alle 18.30. Uno sconosciuto, che non verrai mai identificato, abbandona una piccola valigetta di fronte al locale, coprendola con un loden. Poi si allontana. Pochi istanti dopo, un boato fa tremare i palazzi intorno. Le autorità parleranno di un attentato anarchico. Anni dopo, nel 1921, un oppositore politico, Ezio Murolo, viene arrestato proprio sulla soglia del locale. Perquisito, gli trovano addosso un pugnale e ben tre bombe a mano.
Passata di mano la gestione, l’attività prosegue sotto altri nomi fino al 2014. Poi arriva la definitiva chiusura. Oggi, sparita la scritta a lettere di bronzo che si vedeva all’ingresso di Palazzo Marignoli, al posto dello storico caffè c’è un Apple Store.