Prati è uno di quei quartieri che meglio di molti altri dimostra come dentro Roma convivano tante città diverse, ciascuna con una propria fisionomia che diventa identità, ciascuna con le proprie vicende che, in una parola,
diventano storia.
La Storia di Prati (dalla preistoria ai giorni nostri) è il secondo volume che Typimedia manda in stampa per la collana CommunityBook-La Storia di Roma. Il primo è stato dedicato al quartiere Trieste-Salario, con un successo di vendite e di critica che è andato ben oltre le aspettative premiando uno sforzo di ricerca e di originalità che evidentemente è stato riconosciuto e apprezzato.
Questa seconda opera – curata sempre da Sara Fabrizi con il coordinamento di Simona Dolce e le foto di Giada Patrizi – ha seguito lo stesso modello di racconto: una “cronaca storica” ampiamente documentata e scrupolosamente verificata sulle vicende di una comunità tutto sommato più recente di altre nella Capitale, visto che il quartiere Prati ha poco più di un secolo di vita ed è considerato l’ultimo nato ma le cui origini, in realtà, affondano nelle epoche più lontane. Perché Prati, in fondo, è sempre esistito non solo nella geografia romana, ma anche sulla scena storica, dove ha occupato un posto di rilievo ospitando vicende famose e personaggi di prima grandezza. E la sua prossimità con il Vaticano, così vicino e facile da raggiungere, lo ha reso ancor più strategico.
Da Cincinnato a Nerone, da Leonardo da Vinci a Benvenuto Cellini fino alle epoche più recenti con i protagonisti degli ultimi secoli, il racconto del volume si snoda attraverso i luoghi che oggi conosciamo e magari frequentiamo senza minimamente pensare a dove ci troviamo. Il lungotevere e Monte Mario, piazza Mazzini e viale Giulio Cesare: davvero potremmo dire che a ogni angolo è possibile incontrare un pezzo di storia, con pagine esaltanti come quelle degli artisti che qui abitarono e lavorarono (Moravia, Balla, Guttuso e tantissimi altri) e pagine tremende legate ai periodi più bui: il nazifascismo con le persecuzioni e le deportazioni di cui restano testimoni le commoventi “pietre d’inciampo”, o anche il terrorismo (di destra e di sinistra) che negli anni di piombo seminò morte lasciando sull’asfalto vittime i cui nomi sono riecheggiati nelle aule di giustizia fino a pochi anni fa.
Oggi Prati è considerato un centro nevralgico degli affari e della vita economica romana, regionale e nazionale. è un po’ la “City” di Roma, poiché con i suoi maggiori poli socio-economici attrae ogni giorno decine di migliaia di persone che arrivano non solo da tutta la Capitale ma da tutta Italia. Il polo televisivo (principalmente la Rai con le centinaia di produzioni collegate) e il polo giudiziario (tutti i più importanti organi della giustizia hanno sede qui) sono gli attrattori di professionisti ed esperti legati al mondo della comunicazione, dello spettacolo e dell’amministrazione della giustizia. Ma poi ci sono i mercati (molto particolare quello dei fiori), i negozi di lunga tradizione e – dato più recente – un’ondata di nuove aperture, principalmente locali legati al cibo e al tempo libero che oggi fanno di questo quartiere una mèta serale in grado di attenuare di molto quell’effetto “svuotamento” che fino a qualche anno fa era una caratteristica peculiare di Prati: affollatissimo nell’orario degli uffici, improvvisamente deserto nelle ore serali e nel weekend.
Passeggiando per le strade del quartiere, oggi viene spontaneo alzare la testa per ammirare l’architettura di palazzi che furono costruiti con un evidente slancio creativo al quale, tuttavia, era richiesto di innovare senza eccedere. Di dare un segno di discontinuità con il passato pensando però alle concrete necessità abitative delle persone. Principalmente a quel ceto sociale medio e medio-alto tipicamente borghese di una capitale che si andava formando. È grazie a questo indirizzo d’inizio ’900 che oggi Prati appare – oggettivamente – come uno dei quartieri più eleganti e signorili di Roma, scampato – almeno per la gran parte – alla furia cementificatrice dei decenni del boom in cui palazzoni anonimi venivano su a vista d’occhio, fenomeno che invece ebbe il suo epicentro in molte altre aree della metropoli romana.
E se poi l’occhio supera uno dei tanti portoni “condominiali”, succede che si possano aprire dei cortili che sono autentiche oasi di bellezza. Una caratteristica che è anche di altri quartieri romani, e che meriterebbe quasi una narrazione a sé. Gli architetti che disegnarono quei complessi, immaginarono comunità condominiali come villaggi all’interno della comunità di quartiere, consapevoli che solo questo tipo di organizzazione sociale potesse essere l’antidoto al rischio di sfilacciamento relazionale e di emorragia identitaria tipici di una metropoli.
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