All’inizio del Novecento, via Nomentana si allunga fuori dalle mura, inoltrandosi verso un orizzonte quasi vuoto. I palazzi del quartiere Salario non sono ancora sorti. Intorno è tutta campagna. Ogni tanto, ci si imbatte nel cancello monumentale di una villa nobiliare. All’altezza dell’odierno civico 133, il signor Giovanni Scagnetti ha aperto una piccola osteria. L’ha chiamata il Pozzo di San Patrizio, forse perché nelle vicinanze c’è effettivamente un antico pozzo romano con galleria. Ma non abbiamo certezze in merito.
Affacciata su una collinetta erbosa, con i suoi chioschi e le sue fresche verande, la trattoria attira ben presto una nutrita e vivace clientela. Molti membri della buona società, amanti della buona tavole e del vino verace, prendono a frequentarla. Di anno in anno, la fama della trattoria si accresce, richiamando sempre nuovi avventori. Finché, una sera di primavera del 1904, l’osteria diventa protagonista della nascita di un sodalizio artistico. È il 24 maggio 1904 e a un tavolo del Pozzo di San Patrizio sono seduti sei artisti: Cesare Biseo, Giuseppe Cellini, Ettore Ferrari, Paolo Ferretti, Edoardo Gioja e Alessandro Morani. Vengono da luoghi diversi, alcuni sono giovani, altri più maturi. Sembrano quasi non avere nulla in comune. Se non fosse che tutti amano ritrarre la natura dal vero e detestano l’uso del cavalletto. È così che nascono i “Vassalli della Campagna Romana”, un gruppo che organizza gite domenicali fuori porta, con tele e pennelli, per ritrarre le meraviglie offerte dall’Agro. Ben presto, quando il gruppo si allargherà, sceglieranno di chiamarsi “I XXV della Campagna Romana”.
(Sara Fabrizi)
Foto dal sito https://www.rerumromanarum.com/