Il quartiere Flaminio ha una lunga storia da raccontare, che spesso coinvolge figure di rilievo del panorama artistico e culturale della Capitale (e non solo). Con questo itinerario passeggeremo insieme per le vie del quartiere, sulle orme di grandi intellettuali, entrando nelle loro case e ammirando in alcuni casi anche le loro opere.
La casa di Trilussa
Sulla facciata del palazzo in via Maria Adelaide 7, un graffito immortala il ritratto di Carlo Alberto Salustri, vero nome del grande Trilussa. L’artista che lo ha rappresentano non ha scelto un muro qualsiasi. Questo, infatti, è Palazzo Corrodi, dove il famoso poeta romanesco, nel 1915, ha preso in affitto un appartamento al piano ammezzato. È una sorta di gigantesco loft, col soffitto altissimo, ricolmo di ogni oggetto curioso che è riuscito a collezionare nel corso della propria esistenza, dai souvenir – raccolti durante i viaggi in località esotiche – alle caricature. Con lui, altri due inquilini: il fedele Pomponio, un bel gattone nero, e l’altrettanto devota Rosa. Tutti pensano che Rosaria Tomei sia soltanto la sua governante. In realtà, però, è un’amica e una compagna per Trilussa che, da dolce maestro, aiuta a coltivare il proprio talento per la poesia.
Lo studio di Guttuso
Da un poeta a un pittore. In piazza Melozzo da Forlì, alla fine degli anni Trenta, lavora il giovane Renato Guttuso. Non ha molto denaro, per questo deve condividere il suo primo studio qui al Flaminio con alcuni colleghi, in modo da potersi dividere le spese. È una grande camera al sesto piano di un palazzone popolare. Nella stanza c’è una bella vetrata da cui entra tanta luce. È perfetta per dipingere. Ben presto, questo diviene anche un luogo di riunione. C’è sempre un gran viavai di amici artisti e intellettuali che vengono in visita a Guttuso e si trattengono nello studio, dando vita ad accese discussioni.
La casa-baracca di Valentino Zaichen
Una spoglia baracca in mezzo al Borghetto Flaminio. Questa, in via Flaminia 86, è la vecchia casa del poeta Valentino Zaichen, che ha fatto una scelta di vita precisa, che va all’essenziale, al nocciolo, spogliandosi di tutto il superfluo. “Vivo da re, in attesa delle ruspe” titolava un’intervista comparsa sul mensile Amica nel 1994. Le ruspe, però, per fortuna non sono mai arrivate a demolire questa povera dimora. Dopo la morte di Zeichen, nel 2016, è nato un progetto per valorizzarla e trasformarla nella Casa della Poesia, un polo culturale che possa accogliere e dare spazio ad altre forme d’arte.
La casa-museo di Andersen
In un ideale itinerario attraverso i luoghi del Flaminio che hanno ospitato grandi artisti, non può mancare una tappa in via Stanislao Mancini 20, dove si apre il portone di Villa Helene, la casa-studio di Hendrik Cristian Andersen. La parziale omonimia potrebbe indurre in inganno. Ma l’Andersen di cui stiamo parlando è uno scultore, non un favolista. All’interno di questo edificio, oggi museo, sono conservate le sue colossali statue, opere che avrebbero dovuto adornare la “città mondiale”, progetto utopico concepito dall’artista e mai realizzato.
L’osteria fratelli Menghi
L’ultima tappa del nostro viaggio è in via Flaminia 57, al Caffé dei Pittori. Un bar che ha preso il posto di un luogo di ritrovo amatissimo dagli artisti fino agli anni Novanta: l’osteria Fratelli Menghi. Ai tavoli di questo locale si potevano incontrare pittori, scultori, scrittori e poeti in cerca di ispirazione e di un buon piatto caldo. I fratelli Menghi facevano credito a tutti e questo invogliava anche i più squattrinati a venire a rifocillarsi qui.