Prati di Castello. È questo l’antico nome dell’ultimo rione di Roma: Prati. Un nome che evoca le atmosfere di un tempo perduto, quando all’ombra di Castel Sant’Angelo si estendeva una campagna verde, meta delle gite fuori porta dei romani. Con quest’itinerario vogliamo condurvi alla scoperta di Prati com’era a metà Ottocento, prima dei palazzi umbertini, dei villini liberty, di piazza Cavour e del teatro Adriano.
Ponte Cavour
Il nostro viaggio comincia nei pressi di Ponte Cavour. Prima della sua costruzione, l’unico modo per raggiungere questa sponda del fiume è a bordo di una piccola barca. L’uomo al timone si chiama Toto Bigi, meglio noto come “Caronte”, traghettatore di vivaci compagnie di romani in libera uscita. Manovra la barchetta con maestria, destreggiandosi tra il timone e la lunga pertica che usa per spingere il mezzo. Quando verrà edificato il primo ponte di Prati – il ponte di Ripetta, un lunga passerella di ferro lanciata tra le due rive – Toto dovrà andare in pensione.
Piazza Cavour
Insieme alla folla di gitanti, arriviamo in quella che oggi è piazza Cavour. Naturalmente, il Palazzaccio ancora non esiste. E nemmeno la piazza propriamente detta. Qui, in realtà, si allarga una distesa verde di campi e vigne coltivate. Lungo i viottoli di campagna, ci sono diverse casupole che offrono ristoro. Piccole osterie, che mettono a disposizione anche campi di bocce, un passatempo molto in voga tra i romani dell’epoca.
Piazza del Risorgimento
L’osteria più rinomata della zona, si trova nei dintorni dell’odierna piazza Risorgimento. Dietro il bancone, a servire i clienti, c’è la “sora Rosa”, una giovane sposina che incanta tutti con la sua bellezza e i manicaretti che porta in tavola. Secondo quel che racconta il Ceccarius, grande studioso della cultura e delle tradizioni romane, è considerata una “friggitora insuperabile”.
Villa Altoviti
All’altezza dell’odierna passeggiata del lungotevere Prati, in quell’epoca, sorge la splendida Villa Altoviti. Il monumentale portale di accesso affaccia direttamente sul fiume. Un lungo viale attraversa il giardino, ornato di statue e marmi, raggiungendo il casino della villa, la cui costruzione risale al Cinquecento. La loggia è impreziosita da affreschi realizzati da Giorgio Vasari. Tutto questo, però, ai giorni nostri non esiste più. La villa, infatti, viene demolita a fine Ottocento per consentire la realizzazione dei muraglioni del Tevere.
Il pino di Monte Mario
Un ultimo sguardo alla Prati perduta e dimenticata. Il nostro itinerario ci porta in cima a Monte Mario, a distenderci all’ombra di un gigantesco albero, che sorge non lontano da Villa Mellini. Dicono si tratti del pino più alto di Roma, visibile da diversi punti della città, a chilometri di distanza. Sotto la sua chioma, si sono seduti artisti, scrittori e poeti del calibro di Goethe, Henry James e William Wordsworth, che gli ha dedicato un sonetto. Nel 1910, una raffina di vento, porrà fine alla sua poetica storia, facendolo crollare.