Viene dalle terre vulcaniche tra Roma e Viterbo, e di lei si parla già dai tempi dei romani. La Nocciola romana DOP ha un sapore intenso, perfetto per le preparazioni dolci ma anche per sposarsi con alcuni piatti salati
Terra vulcanica votata all’agricoltura, la provincia di Viterbo dell’area dei Monti Cimini e Sabatini produce fin dall’antichità delle eccellenze gastronomiche rinomate ben oltre i confini del Lazio. La celebre castagna, per esempio, ma anche la Nocciola Romana DOP, una particolare varietà di frutto secco diventato parte integrante della tradizione dolciaria locale.
La Nocciola Romana DOP appartiene alla specie Corylus avellana, varietà Tonda Gentile Romana (caratterizzata da un guscio più appuntito e numerose striature) e Nocchione (dalla forma sferica, guscio spesso e colore chiaro). Si lega al territorio laziale fin dall’antichità: si parla di lei già ai tempi dei romani, è attestato che fosse la frutta secca preferita da Papa Leone X ed era uno degli alimenti di punta del Carnevale Romano. Grazie alle sue peculiarità è riuscita a ritagliarsi uno spazio tutto suo nel mercato agroalimentare e a ottenere il riconoscimento DOP, che ne regola anche la produzione con una disciplinare. Oggi la Nocciola Romana viene coltivata in 37 comuni del Lazio divisi tra le provincie di Viterbo e Roma, con un tipo di coltivazione a “cespuglio”, “vaso cespugliato” e “monocaule”. La cura degli alberi, la raccolta e la lavorazione devono essere atte a garantire la qualità del prodotto, e proprio per questo non è consentita la raccolta precoce del frutto, che va preso dall’albero solo nel periodo tra il 15 agosto e il 15 novembre e lavorato non oltre il 31 agosto dell’anno successivo a quello di raccolta.
Il sapore intenso e persistente della Nocciola Romana Dop e la sua particolare croccantezza la rendono in grado di essere gustata tanto allo stato fresco, quanto essiccata o tostata, e di prestarsi a ogni tipo di ricetta. Il principale impiego gastronomico del frutto è nella preparazione di alcuni prodotti dolciari tipici della provincia di Viterbo come i tozzetti, i brutti buoni e i mostaccioli, ma anche in altri tipi di preparazioni dolci come torroni, creme spalmabili, meringhe, torte e gelati. La tradizione viterbese però ne prevede l’abbinamento anche con numerosi piatti salati, in particolare con la selvaggina e il coniglio.
(Martina De Angelis)