Alla fine dell’Ottocento, quando un bullo decideva di mettere la testa a posto e tentava di cambiare vita, appendeva la propria arma (spada, ascia o pugnale che fosse) alle pareti del portico della basilica di Santa Maria in Trastevere. Spesso la conversione, nonostante i buoni propositi, non riusciva, ma questo luogo, noto in particolare per i meravigliosi mosaici del 1291 di Pietro Cavallini raffiguranti le storie della Vergine, è ugualmente legato a un evento miracoloso.
Siamo nell’anno 38 a.C., quando accanto a una foresteria dove sorge oggi la chiesa, cominciò a sgorgare una polla di liquido oleoso scuro che defluì senza sosta per un intero giorno, arrivando a confluire nelle acque del Tevere. La chiamarono fons olei, fonte d’olio, e nei secoli successivi si sprecarono le interpretazioni: rifacendosi agli ebrei, che nel fatto avevano visto il segno dell’imminente venuta del Messia (l’unto del Signore), i cristiani romani rivendicarono la potestà sul luogo e lo convertirono nel primo edificio di culto dedicato al culto della Vergine a Roma.
A ricordo della leggenda, appena sotto l’altare della basilica, l’iscrizione “FONS OLEI” indica il punto esatto in cui accadde il prodigio, così come tra i mosaici di Cavallini si nota l’antica foresteria dalla quale un rivolo d’olio scorre verso il fiume.
(a cura di Gianluigi Spinaci)