In via Giulia, alle spalle di palazzo Farnese, sede dell’ambasciata di Francia, si trova una chiesa dal nome insolito, Santa Maria dell’Orazione e Morte, dal nome della confraternita che ha qui la sua sede dalla metà del Cinquecento. Entrando, si viene accolti da teschi, scheletri alati e clessidre, come a ricordare che il tempo fugge e che prima o poi tutti faremo quella fine. In particolare, si può leggere una scritta in latino che suona come un minaccioso monito: “Hodie mihi cras tibi”, che si traduce “Oggi a me domani a te”.
Scendendo nella cripta, da cui si accede attraverso un portone con la grande scritta “Cemeterium”, si è circondati da teschi, femori e ossa di ogni genere, alcune arrangiate come decorazione di lampadari o per formare una grossa croce che domina una delle pareti. In un angolo, c’è una sorta di libreria a scaffali dove, al posto di antichi volumi, sono sistemati, uno accanto all’altro, un gran numero di teschi, alcuni con inciso sulla fronte l’anno di morte e la causa del decesso.
La confraternita dell’Orazione e Morte è nata per dare degna sepoltura a quei cadaveri che in passato venivano trovati nelle campagne o che morivano annegati nel Tevere. Gente assai povera o di cui non si sapeva neppure il nome, raccolta pietosamente dai confratelli per custodirne gli umili resti.
(Gianluigi Spinaci)