Un tuffo nella storia lungo due chilometri, laddove un tempo centinaia di schiavi e operai specializzati mandavano avanti una primordiale, seppur ingegnosa, macchina tecnologica. I sotterranei delle Terme di Caracalla erano popolati da numerose gallerie che ospitavano, oltre ai depositi di legname, l’impianto di riscaldamento con forni e caldaie, un impianto idrico, un mulino e il Mitreo, uno dei più grandi conservati a Roma.
Scoperto nel 1912, era il luogo destinato al culto del dio Mitra, una delle divinità solari di origine orientale. Cinque gli ambienti comunicanti con il piano superiore attraverso una scala accessibile attraverso una piccola porta. L’ambiente principale è costituito da un’ampia stanza rettangolare con volte a crociera e chiusa da una porta.
La presenza del Mitreo denota un forte legame con i culti orientali della famiglia dei Severi, a cui apparteneva proprio l’imperatore Caracalla. All’interno del mitreo fu rinvenuto, seppur in frammenti, parte del gruppo statuario con la raffigurazione di Mitra nell’atto di uccidere il toro e un altare.
La costruzione delle Terme iniziò nel 212 ma sembra che la progettazione di quelle che furono all’epoca le più grandi terme di Roma – successivamente superate solo da quelle di Diocleziano – risalga a qualche anno prima, quando l’imperatore era il padre di Caracalla, Settimio Severo.
Parliamo di circa 130.000 metri quadrati dedicati alla cura del corpo, con vasche di grandissime dimensioni capaci di contenere enormi quantità d’acqua. Tanto che Caracalla fece realizzare un acquedotto ad hoc, detto Antoniniano, dal nome della sua famiglia, gli Antonini. Quello che è erroneamente identificato come Arco di Druso, posto a pochi metri da Porta San Sebastiano, non è infatti altro che il manufatto che permette all’acquedotto di scavalcare la via Appia Antica.
Credits immagini: Soprintendenza Speciale Roma