Tre ingredienti, una storia antichissima e il riconoscimento di presidio Slow Food: ecco il Giglietto di Palestrina, il dolce dalla forma di giglio
Il Giglietto di Palestrina non è solo un dolce, ma una ricetta da salvare e trasmettere alle generazioni future, una preparazione in cui arte, storia e tradizione si mescolano, dando vita a un risultato unico. Si tratta di un particolare tipo di biscotto dolce e dorato, dal sapore fragrante e dagli ingredienti semplici, legati alla storia della famiglia Barberini, signori di Palestrina e tra le più famose casate della nobiltà romana.
La famiglia, discendente di papa Urbano VIII venne esiliata a Parigi perché accusata di malgoverno, e alla corte di Luigi XIV scopre l’esistenza dei giglietti, biscotti dalla particolare forma di giglio creata in onore della dinastia francese dei Borbone. Una volta tornati in patria, i Barberini decidono di importare a Palestrina la bontà straniera, ma adattandolo alla loro casata: i pasticceri cercano di sostituire i gigli con le api dello stemma della casata, ma non hanno un grande successo. Così i Barberini ordinano il ritorno al giglio, e i biscotti da allora vengono tramandati fino ai giorni nostri. Per prepararli servono solo tre ingredienti – farina, zucchero e uova, e una spolverata di buccia grattugiata di limone – ma proprio la loro forma particolare richiede una certa manualità: non esiste uno stampo per realizzare i Giglietti, ogni biscotto viene creato a mano, una vera e propria arte tramandata da poche famiglie. Ad oggi, solo due forni di Palestrina e Castel San Pietro vantano le “gigliettare”, in grado di intrecciare pazientemente l’impasto per dare la biscotto la caratteristica forma di giglio, e di farlo in modo che si mantenga anche durante la cottura. Il risultato sono biscotti leggermente dorati, secchi e fragranti, in grado di conservarsi freschi per circa due settimane.
Proprio per la loro rarità, i Giglietti di Palestrina sono entrati a far parte dei presidi Slow Food, il cui disciplinare richiede l’impiego di materie prime di qualità e esclusivamente locali, per promuovere al meglio il lavoro degli ultimi artigiani rimasti.
(Martina De Angelis)