di Martina de Angelis
Fritto, al forno, con i carciofi e in cento altri modi diversi: comunque lo si cucini, l’abbacchio Romano Igp è una vera prelibatezza. Protagonista della cucina romana e laziale, è una delizia antica che racconta la vocazione pastorale della regione, irresistibile per tenerezza e sapore.
Il Lazio, fin dai tempi più antichi, ha avuto un’anima pastorale, legata in particolare all’allevamento delle pecore. Una tradizione che ha portato la nascita del celebre pecorino, ma anche di un’altra specialità divenuta simbolo della gastronomia regionale. È l’Abbacchio Romano IGP, termine romanesco che indica l’agnello giovane ancora lattante o da poco slattato, di non più di un anno d’età. Già nell’antica Roma era una specialità di carne molto diffusa, come testimoniano i trattati di agricoltura e allevamento di Varrone e Columella, gli elogi di Giovenale alla bontà degli agnelli e il grande mercato del Foro Romano, che tra Pasqua e giugno (la così detta “abbacchiatura”) esponeva abbacchi, agnelli, castrati e pecore.
Una tradizione lontana, che è sopravvissuta dando vista a un prodotto di nicchia – se ne producono solo 250mila unità all’anno – certificato IGP per la sua purezza, tenerezza e sapore, caratteristiche che lo rendono ideale anche per la dieta dei più piccoli. Il consorzio che tutela l’Abbacchio Romano si assicura che i produttori rispettino le regole principali della disciplinare di produzione: gli animali devono essere lasciati pascolare allo stato brado o semibrado, devono essere allevati soltanto con il latte e senza Omg, e devono vivere con la madre fino a 30 – 40 giorni dalla nascita. Per quanto riguarda le razze ammesse, sono cinque: Sarda, Comisana, Sopravvissana, Massese e Merinizzata Italiana, ma tutte devono essere allevate all’interno dei confini del Lazio, nei grandi pascoli verdi che da millenni ospitano le greggi. Il risultato è una carne chiara e tenera, completamente biologica e poco grassa, ricca di sodio, potassio, calcio, fosforo, magnesio, zinco, selenio e vitamine e molto poco calorica, quindi anche più digeribile.
Grazie al suo sapore, diverso da quello di tutte le altre carni, l’Abbacchio Romano IGP ha dato origine a più di cento piatti storici, che hanno fatto la storia della gastronomia romana e laziale. Tra le preparazioni più famose spiccano l’abbacchio alla scottadito, costolette cucinate con una salsa di limone da servire caldissime, le costolette di abbacchio fritte con patate, il fritto misto alla romana, in cui compaiono il cervello e le animelle dell’animale e l’abbacchio con carciofi. Sono 12 i ristoranti di Roma dove gustare il puro Abbacchio IGP della tradizione, tra cui celebri locali come Armando al Pantheon e Da Cesare al Casaletto (elenco completo su www.abbacchioromanoigp.it).
(Martina De Angelis)