Al lato della Chiesa di Sant’Andrea della Valle, in Corso Vittorio Emanuele II, si trova la statua dell’Abate Luigi, colui che ebbe ‘’Nelle satire urbane eterna fama”, come enuncia chiaramente l’iscrizione marmorea sul suo piedistallo. Venne chiamato così dal popolo per la stretta somiglianza con un reale Abate Luigi, allora sagrestano della attigua Chiesa del Sudario.
La statua, che fu ritrovata alla fine del Cinquecento nelle fondamenta di palazzo Vidoni, in origine rappresentava probabilmente un senatore o un console romano. È lui stesso a presentarsi a chi lo osserva attraverso la già citata iscrizione marmorea sul suo piedistallo che recita: “Fui dell’antica Roma un cittadino, ora Abate Luigi ognun mi chiama. Conquistai con Marforio e con Pasquino nelle satire urbane eterna fama, ebbi offese, disgrazie e sepoltura, ma qui vita novella e alfin sicura”.
L’Abate Luigi è stata forse la statua più sfortunata tra le statue parlanti: nei diversi secoli è stata più volte vittima di vandalismo e più volte decapitata. La testa è stata quindi più volte sostituita e, proprio in seguito all’ultima decapitazione del 1966, l’Abate Luigi si decise a parlare, per mezzo di un cartello anonimo che recitava queste parole: ‘’ O tu che m’arubbasti la capoccia, vedi d’ariportalla immantinente, sinnò, vòi véde? Come fusse gnente me manneno ar Governo. E ciò me scoccia.’’ Si narra infatti che nei magazzini del Comune di Roma si conservino casse su casse di teste dell’Abate Luigi.
(Giulia Torrisi)