Quello risorgimentale è un percorso lungo e accidentato. La costruzione dell’Italia unita si attua attraverso una serie di tappe. l’ultima delle quali è la presa di Roma, che viene strappata al dominio millenario dei pontefici il 20 settembre del 1870. Ecco, dunque, un breve itinerario attraverso i luoghi simbolo del Risorgimento nel quartiere di Monteverde, fulcro di memorabili episodi ed eroiche battaglie.
Villa Pamphilj
Nel febbraio del 1849, dopo la fuga di papa Pio IX a Gaeta, a Roma viene proclamata la Repubblica. Nasce uno stato liberale, guidato da un triumvirato formato da Carlo Armellini, Aurelio Saffi e Giuseppe Mazzini. Pochi mesi dopo, però, l’esercito francese parte all’assalto della città, con l’intenzione di restituirla al pontefice. Viene sancita una breve tregua che, però, sarà violata, a tradimento, proprio dai francesi, che attaccano nella zona di Villa Pamphilj. È la notte tra il 2 e il 3 giugno 1849. Comincia la battaglia del Gianicolo, che si protrarrà fino a sera.
Il Monumento-tomba di Anita Garibaldi
In sella a un cavallo che si impenna, il figlioletto Menotti in braccio, una rivoltella nella mano destra. Così viene raffigurata Anita Garibaldi, intrepida rivoluzionaria brasiliana, compagna inseparabile dell’eroe dei Due Monti, nel monumento che le è stato dedicato, in cima al Gianicolo. Nel giugno del 1849, durante l’assedio di Roma da parte dei francesi, anche lei, seppure incinta, combatte in difesa della città. Morirà soltanto due mesi dopo, nel corso della fuga. I suoi resti sono sepolti proprio qui, nel basamento della statua eretta in suo onore.
Palla di cannone a San Pietro in Montorio
Il 12 giugno 1849, durante l’assedio francese, il comandante nemico, Charles Victor Oudinot, invia un ultimatum ai cittadini romani, chiedendo loro di arrendersi. “Se persistete a respingerci, a voi soli incomberà la responsabilità d’irreparabili disastri” tuona. Ma l’assemblea si oppone alla sua richiesta. All’alba del giorno dopo, le artiglierie francesi cominciano a bersagliare la città con feroci cannonate. Un proiettile colpisce anche la chiesa di San Pietro in Montorio. La palla di cannone è ancora qui, incastonata su una targa che ricorda “l’eroica resistenza della Repubblica Romana”.
Scalea del Tamburino
Tra i giovani che combattono per Roma c’è un ragazzo di 16 anni: Domenico Subiaco. Piuttosto basso di statura nonostante l’età, non è ritenuto idoneo a imbracciare un fucile. Lo fanno tamburino. Il 3 giugno 1849, quando i francesi attaccano, è lui a suonare l’allarme e la carica dei difensori, per poi lanciarsi in mezzo alla mischia, sacrificando la sua giovane vita in nome della libertà. Gli è stata dedicata la Scalea del Tamburino, che sorge proprio nel punto in cui cadde.
Statua di Righetto
Altro monumento intitolato alla memoria di un giovane caduto è la statua di Righetto. Righetto è un ragazzino di Trastevere, orfano. La sua unica compagnia è Sgrullarella, una cagnetta che lo segue ovunque. Nei giorni dell’assedio del 1849, Righetto contribuisce a difendere la città, disinnescando le bombe che piovono dal cielo. Ma il 29 giugno, quando una palla di cannone gli cade vicino, sotto Ponte Sisto, Righetto non fa in tempo a impedirne l’esplosione.
Mausoleo ossario Garibaldino e tomba di Mameli
“O Roma o morte”. La scritta incisa in alto non potrebbe essere più eloquente. Questo è il Mausoleo Ossario Garibaldino, un altare innalzato sulla cima del Gianicolo, nel luogo in cui tanti giovani volontari diedero il sangue per fare Roma libera. Qui, tra gli altri, è sepolto anche il cantore dell’unità nazionale: Goffredo Mameli. Appena ventenne, il giovane poeta e patriota partecipa con coraggio alla lotta, venendo ferito nel corso di un assalto a Villa Corsini. Muore il 6 luglio 1849, dopo una lunga agonia, due giorni dopo la caduta della Repubblica Romana.
Porta San Pancrazio
L’ultima tappa sulle orme del Risorgimento ci conduce a Porta San Pancrazio, di fronte all’ingresso del Museo della Repubblica Romana e della Memoria Garibaldina. Il 20 settembre 1870, anche in questo luogo si sentono risuonare le cannonate dell’esercito d’Italia, venuto alla conquista di Roma. A dare l’ordine di sparare è il generale Nino Bixio, che vent’anni prima, ha combattuto proprio qui, nella difesa della Repubblica Romana.