Se utilizzando Google si prova a cercare in rete “quartiere Marconi-San Paolo”, si ottengono dei risultati molto parziali. Quasi dei balbettii. Un po’ come quelle mezze risposte che certi genitori danno ai bambini quando preferiscono non concedere spazio a domande imbarazzanti. Di fatto, iI Marconi-San Paolo, come quartiere, non sembra esistere. Tutt’al più – ci dice Wikipedia – esiste “Marconi zona di Roma”, che fa parte del quartiere Portuense. Lo stesso vale per San Paolo, preso in considerazione per la sua Basilica, ma assegnato al quartiere Ostiense. Questo tipo di rappresentazione “virtuale”, che però da molti viene considerata reale e “ufficiale”, fotografa uno schema che a Roma non è solo del Marconi-San Paolo, ma che in questo quartiere trova certamente uno dei suoi
esempi più eclatanti. Situazione in cui lo scollamento tra lo “stato reale” (quello della comunità effettiva) e la rappresentazione sul web (quindi nel mondo) appare ormai anacronistico e poco aderente, appunto, alla realtà.
A ristabilire un quadro più realistico e attuale – o quantomeno a provarci – ci sono per la verità una serie di pubblicazioni (online e cartacee) che con grande passione e buona continuità raccontano la storia e le storie di questo quartiere. Perché il Marconi-San Paolo, a dispetto delle mappe ufficiali, non solo esiste, ma negli anni ha assunto i connotati di una comunità sempre più consapevole delle tracce che il tempo ha seminato qui nel corso dei secoli. Si tratta di un racconto davvero affascinante e sorprendente. Ed è esattamente in questo solco che si inserisce questo nuovo volume di Typimedia che, nell’ambito della collana sulla Storia di Roma, si ferma nel Marconi-San Paolo per raccontarne le origini e il suo sviluppo dalla preistoria ai giorni nostri.
L’opera di Sara Fabrizi, già autrice di numerosi testi per Typimedia sui quartieri di Roma, come sempre fissa idealmente i confini di questa “zona” della Capitale che diventa “quartiere” non solo per le dinamiche socio-economiche di ogni giorno che ne fanno appunto una comunità effettiva, ma anche (e soprattutto) per la storia, che in pochi conoscono, a cominciare dagli stessi romani, abituati a pensare al Marconi-San Paolo come a una periferia un po’ anonima della città, “terra di mezzo” tra Ostiense, Portuense, Eur… con il Tevere che ne taglia il territorio. Già, il Tevere. Si resta davvero sorpresi nel leggere quali e quante vicende si intreccino con questo tratto di fiume: papi e imperatori, uomini in armi e uomini di fede, antiche regine e invasori: su queste sponde, risalendo dal mare o scendendo verso la costa, sono passati personaggi che hanno realmente fatto la storia.
La Basilica di San Paolo, la cittadella di Giovannipoli, la catacomba di Santa Tecla, i resti archeologici in buona parte ancora da portare alla luce, sono solo alcune delle testimonianze di un passato che secolo dopo secolo ci raccontano la straordinaria ricchezza di un pezzo di Roma proteso verso il litorale e quindi naturale luogo di scambi, di incroci e di conflitti. Quando nel 1954 Giorgio Ferroni gira “Ai margini della città” documentando la trasformazione di Roma agganciata anche al boom economico, il Marconi-San Paolo in realtà è già “zona industriale”: Mira Lanza, Campari, Mulini Biondi, Galbani e la mefitica Purfina sono alcuni dei principali insediamenti produttivi di questo territorio. “Ava come lava” e “Mira mira l’olandesina”, le réclame (come si chiamavano allora) dei saponi della Mira Lanza, sono creazioni di un’azienda che si lega a questa riva del Tevere, in quella che per molti anni è stata una presenza industriale che ha connotato il quartiere e il suo sviluppo.
Gli anni di piombo, un’urbanizzazione accelerata e spesso incontrollata, il recupero di ex strutture industriali, la nascita di Roma Tre: sono tutti capitoli di una storia che riserva pagine di straordinario interesse. Ci sono strade (via Chiabrera, per esempio) dove sono state scritte pagine drammatiche e incancellabili come la condanna a morte di Aldo Moro da parte delle Br o le riunioni della banda della Magliana. Ci sono installazioni sperimentali e audaci come il teatro India che rappresentano autentici capisaldi nell’evoluzione della cultura a Roma e nel Paese. Ci sono, soprattutto, ancora tante ricchezze da scoprire nel sottosuolo e moltissime potenzialità da valorizzare in questo grande quartiere della Capitale.
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