Tra i quartieri di Roma con il senso più sviluppato di comunità, la Garbatella viene portata spesso a esempio come caposaldo di uno spirito identitario che invece si è progressivamente perduto in molte zone del centro, svuotate e trasformate dalla cosiddetta modernità. E “modernità” è il termine che forse più contrasta, tuttora, con l’immagine sospesa nel tempo di questa parte della Capitale: entrare alla Garbatella, ancora oggi, equivale a evadere dal flusso metropolitano della Colombo o delle arterie che la circondano, e immergersi in un “villaggio” dove le case, le strade, perfino le fisionomie dei suoi abitanti, sembrano riportare a un mondo che non ha ceduto – non ancora, perlomeno – alle frenesie scomposte e spesso inutili della nostra quotidianità.
Separata e distante dalla Roma che corre e si rincorre, non è un caso che la Garbatella negli ultimi anni sia diventata oggetto del desiderio per alcune categorie sociali attratte – talvolta anche in maniera subliminale – dai connotati popolari e romantici di un quartiere che alla fin fine – nel contesto romano – appare quasi come un’oasi. Che poi questo sia del tutto vero o appartenga piuttosto a una narrazione tipica dei giornalisti inclini a scoprire e soprattutto a ri-scoprire, è problema tutto sommato secondario: quel che è certo è che il quartiere, negli ultimi vent’anni, è andato incontro a un cambiamento in cui il turn-over degli abitanti ha visto anche un sensibile aumento del costo delle abitazioni.
E tuttavia la Garbatella, almeno per adesso, sembra riuscire a conservare il suo spirito popolare da grande condominio in cui alla fine ci si conosce tutti, ci si chiama dalle finestre, si condividono momenti di socialità tradizionale come una festa o una ricorrenza. Quello spirito, magari ruvido ma genuino che deriva dalle origini e da una storia fatta anche (e soprattutto) di vicende drammatiche e dolorose che non hanno solo segnato la memoria, ma hanno forgiato il carattere dei suoi abitanti per generazioni, come un tratto incancellabile del Dna, quello per cui “se sei della Garbatella, lo sei anche se vai ad abitare a New York”.
Di tutto questo e di molto altro racconta il libro “La Storia della Garbatella, dalla preistoria ai giorni nostri”, il nuovo volume della collana di Typimedia sulla Storia di Roma, curato da Michela Micocci con le fotografie di Antonio Tiso e il coordinamento editoriale di Simona Dolce. Il racconto è un autentico viaggio nel tempo che parte dalle origini più lontane di questa parte di Roma, quando ancora ovviamente non si chiamava Garbatella ma era una propaggine della città da cui si cominciava a intuire l’area costiera e – seguendo i corsi d’acqua – si immaginavano e si progettavano vie di comunicazione che – se si fossero pienamente realizzate – oggi per Roma sarebbero un valore aggiunto di non piccola entità.
In definitiva, scegliere di abitare alla Garbatella, oggi, significa in molti casi anche esprimere un punto di vista sulla società, sulla politica, sulla vita. Significa testimoniare una condivisione di idee e di ideali che non è per tutti e non è ovunque, ma che anzi in molti luoghi purtroppo sembra essere venuta meno. Nel leggere questo libro si comprende perché il quartiere non sia semplicemente un luogo bello e caratteristico dove abitare, ma piuttosto un simbolo che a ogni angolo ci ricorda molti dei valori fondamentali sui quali si regge la nostra società.
LEGGI come acquistare “La Storia della Garbatella”