All’alba della storia di Roma, Trastevere era terra degli etruschi di Veio e – al di là del fiume, sulla sua riva destra – costituiva un avamposto verso il territorio latino che nel 753 a.C. avrebbe visto nascere quella civiltà destinata a dominare il mondo per molti secoli. Non bisogna quindi stupirsi se, fin da allora, il rione più caratteristico e famoso della Capitale, è sempre stato considerato qualcosa di speciale e di diverso: Trastevere è oggi il quattordicesimo rione della città, l’insediamento più antico, viste le sue origini etrusche, e anche il più esteso, ma da molti anni è soprattutto un brand: tu dici Trastevere e, in qualsiasi parte del mondo, hai detto Roma. Una Roma molto speciale.
La Roma di Trastevere viene spesso definita con orgoglio come “la più autentica”. In opposizione a questa visione, considerata ormai nostalgica e quindi datata, c’è una corrente di pensiero che assegna quest’area della città a quel
mondo segnato dal turismo di massa, dalla movida selvaggia e inevitabilmente soggetto alla cosiddetta gentrification, dove i B&B e i fast-food dominano l’offerta con la progressiva cancellazione di tutto ciò che di caratteristico e di tradizionale rendeva queste strade e queste piazze davvero uniche. Qual è la verità? Probabilmente la verità sta nel mezzo ed è materia in evoluzione, tenuto anche conto che gli ultimi anni hanno avuto nella pandemia un fattore di rallentamento rispetto ad alcuni fenomeni, e di accelerazione rispetto ad altri. Sta di fatto che Trastevere continuerà a rappresentare certamente uno dei “grandi attrattori” della Capitale, e la sua storia è lo straordinario collante che tiene insieme un patrimonio fatto di arte, tradizioni, cultura e natura. Quella natura che ha nel Tevere il suo attore principale.
Transtiberim – appunto, al di là del Tevere – era l’antico nome di questo rione, il quattordicesimo, l’unico della Roma imperiale di Augusto sulla sponda destra del fiume. Gli altri 13 erano tutti sulla riva sinistra. Dal che si capisce
l’espressione “passare ponte” con cui i trasteverini sintetizzavano l’eventualità di “recarsi in città”. Roma era sulla sponda opposta e questo confine rappresentava assai di più di un semplice ponte da superare: c’erano (e per molti ci sono tuttora) questioni di identità, di appartenenza, potremmo quasi dire di una “visione della vita” che faceva della comunità trasteverina un’entità del tutto speciale, con una tipologia di personaggi, di comportamenti e di imprese che spesso sfociavano nella leggenda.
Tutto ciò viene raccontato molto bene da Gianluigi Spinaci, curatore di questo fondamentale volume della collana di Typimedia dedicata alla Storia di Roma, che non per niente – da trasteverino autentico e praticante – ci porta letteralmente per mano tra i vicoli e le piazze di quest’affascinante pezzo della Città eterna. Dalle più antiche origini fino ai giorni nostri, la narrazione non perde mai di vista l’elemento della “diversità” di Trastevere. I suoi eroi e i suoi farabutti, le sue donne tragiche e le sue splendide protagoniste, i suoi artisti e le sue macchiette: sono tutti parte di un mondo che – in quanto storia – appartiene sì al passato ma – sembra volerci suggerire l’autore – a ben guardare è ancora lì, ed è pronto a strizzarci l’occhio, indicarci un vicolo, un passaggio, aprirci una porticina per farci entrare. E ad ogni angolo, c’è davvero una pagina di storia che è la storia di questa comunità ma spesso è la storia di tutti noi, perché qui sono passati molti dei protagonisti delle vicende epiche che segnano la nostra civiltà. Conoscere Trastevere, almeno un po’, è entrare nell’anima di Roma. Con la necessaria avvertenza che conoscerlo davvero è un’impresa superiore alle umane possibilità.
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