Una guida completa e dettagliata alle 10 cose da fare e vedere a Trastevere
Trastevere, il tredicesimo rione di Roma, non è solo un quartiere, ma una vera e propria città nella città. Oggi è noto soprattutto per la movida e per i ristoranti turistici, ma questa è solo una facciata, dietro la quale si nasconde un’anima millenaria. Da una sosta al Callisto ai banchi del mercato di San Cosimato e di Porta Portese, di seguito trovate le 10 cose che dovete assolutamente fare, vedere e anche assaggiare a Trastevere, cercando di discostarci dai soliti cliché, per sentirvi anche voi “uno de noantri”.
1. Passare un po’ di tempo al Bar San Calisto
Il Bar San Calisto, o il “Callisto”, come lo chiamano tutti, nei suoi oltre cinquant’anni di onorata attività è stato una felice isola di resistenza trasteverina, un luogo che pur cambiando è rimasto sempre lo stesso. Non tanto perché i prezzi sono ultrapopolari (un cono gelato costa un euro, l’espresso meno, una birra poco di più, servizio compreso), o perché se ve ne state seduti a un tavolo per ore senza ordinare nessuno vi verrà a chiedere “Cosa prende?”, né per le foto sbiadite delle squadre di calcio romane e di vecchi pugili appese alle pareti, quanto per il pulviscolo di accoglienza che aleggia in questo bar. Un’oasi dove le differenze si annullano, dove allo stesso tavolo siedono e dialogano ricchi e poveri, vecchi e giovani, professori e analfabeti, guardie e ladri, tutti insieme ad ascoltare le jazz band trasteverine che animano le serate in piazza o i ragazzi brasiliani che il giovedì sera suonano il samba.
2. Dal “Maritozzaro” si va al mattino e anche di notte
Non c’è cornetto che tenga. Se si vuole cominciare la giornata come tradizione comanda, a Roma non si può non addentare un maritozzo come si deve. Con quel che ne consegue: a cominciare dalla rilevante possibilità che la panna a malapena costretta nel ripieno della pasta, finisca sul risvolto della giacca o della camicia. Ma è un rischio da correre. Soprattutto a Trastevere dove si trova una vera e propria istituzione del maritozzo. Ci riferiamo a Il Maritozzaro, bar di via Ettore Rolli 50, vicino a Porta Portese. Qui la classica pagnotta dolce romana, a base di farina, burro, uova e miele, tagliata a metà e riempita di panna montata, è servita in due versioni: una piccola e una grande. Avventurarsi in quest’ultima è un viaggio affascinante. Ma “Il maritozzaro” ha un’altra particolarità, che ne aumenta la capacità di attrarre gli avventori: è aperto 24 ore. E soprattutto i più giovani, al rito della colazione col maritozzo sostituiscono volentieri un maritozzo by night.
3. Seguire la processione della Festa de’ Noantri
Anche se i trasteverini più nostalgici vi diranno che “non è più come una volta”, questa tradizione suscita ancora un’emozione difficile da descrivere. Tutto ebbe origine nel 1535, quando una grande statua in legno di cedro della Madonna fu rinvenuta nei pressi della foce del Tevere e la portarono a Trastevere: da lì in poi, nel corso dei secoli, la Madonna de’ Noantri divenne la protettrice del Rione e dei suoi abitanti, riuscendo sempre a mettere d’accordo trasteverini credenti e atei, che pur non adorandola l’hanno sempre rispettata.
Già, perché accanto al lato sacro della festa, che tocca il culmine nella grande processione del sabato successivo al 16 luglio, quando la pesante “macchina” che regge la statua viene trasportata dai membri delle confraternite per le vie al grido di “Viva Maria”, c’è, per così dire, quello più profano. Terminata la processione, il popolo trasteverino di ogni epoca, colmo di spiritualità ma nondimeno affamato e assetato, si riversa nelle piazze e nei vicoli, dove ancora oggi si organizzano concerti e spettacoli.
4. Ammirare il panorama dal Fontanone del Gianicolo
La terrazza di fronte alla fontana dell’Acqua Paola al Gianicolo, detta il “Fontanone”, è uno dei più bei punti panoramici sulla città. Da qui Roma si estende eterna, punteggiata di cupole e campanili, con le macchie pastello dei suoi palazzi e il bianco dei suoi marmi. Sullo sfondo, quando il cielo è limpido, si possono vedere perfino i Monti Reatini, i Castelli Romani e il Terminillo. Capita spesso di incontrarvi novelli sposi che si fanno immortalare felici, avvolti nella nuvola bianca del vestito matrimoniale.
Non a caso Paolo Sorrentino ha scelto questa location per la scena iniziale del suo film premio Oscar La grande bellezza (2013), in cui un turista giapponese, dopo alcune foto al panorama, si accascia al suolo, forse morto, in preda a una crisi da sindrome di Stendhal. D’altronde, lo ha cantato anche Antonello Venditti nella sua Roma Capoccia: “Quanto sei bella Roma quann’è sera, quando la luna se specchia dentro ar Fontanone”.
5. Ascoltare i sospiri della Lungara
Via delle Mantellate può sembrare una strada tranquilla. Eppure questo luogo è la culla dei suoni tipici di questa parte del Rione, che a Roma vengono chiamati “i sospiri”. Guardando l’unico ingresso della via, sulla sinistra non passa inosservato il carcere di Regina Coeli. I suoi alti muri e le sue sbarre non hanno mai impedito ai prigionieri di parlare con i loro cari. Già, perché la via che dalla Lungara si chiude alle pendici del Gianicolo funge da megafono acustico per tutti i lamenti e le conversazioni tra il carcere e questa parte di Trastevere: famigliari e amici urlano messaggi che giungono chiari ai detenuti all’interno della struttura.
Via delle Mantellate ospita anche un convento delle Serve di Maria dette Mantellate per via delle vesti lunghe dell’ordine, da cui il nome della strada, cantata in una celebre canzone di Gabriella Ferri: “Le Mantellate so’ delle sore, ma a Roma so’ sortanto celle scure; ’na campana sona a tutte l’ore, ma Cristo nun ce sta drento a ’ste mura,”. In definitiva, in via delle Mantellate c’è poco da vedere, ma molto da sentire.
6. Assaggiare i supplì di Venanzio
Quando Alvaro e Venanzio Sisini nel 1979 aprirono un piccolo locale a via San Francesco a Ripa non immaginavano che quel negozietto sarebbe diventato il tempio di una divinità della cucina romana: il supplì. Talmente grande e immediato fu il successo, che nel 1986 i due fratelli decisero di aprire una seconda sede, più grande, in piazza Re di Roma, nel quartiere di San Giovanni. Ma tutto nacque a Trastevere, dove ogni giorno (domenica esclusa) Giacomo, Enrico e Loreto mettono in atto la ricetta dei fratelli Sisini, fatta di soli due ingredienti: semplicità e tradizione gastronomica romana.
Ma se il re di “Venanzio” è il supplì (ricordiamolo, una palla di riso impanata e fritta, insaporita da un delizioso ragù di carne e mozzarella filante al suo interno, da non confondere con l’arancina siciliana), la regina è certamente la pizza alla “marinara”, condita con sugo di pomodoro, parecchio aglio, prezzemolo e peperoncino: una vera bomba.
7. Fare la spesa al mercato di San Cosimato
Non esiste un luogo che fotografi meglio l’essenza più profonda del rione e del suo tessuto sociale in continua trasformazione. Nei primi del Novecento c’era Menelik, con il suo banco del pesce, chiamato così per via della somiglianza con il negus, l’imperatore etiope in guerra contro il Regno d’Italia, negli anni Settanta, accanto al banco di frutta e verdura di Franco, ereditato dalla zia che all’inizio vendeva solo patate e aglio, c’era Velia la Cicoriara e ancora si cucinavano le ciriole (anguille) fritte direttamente in piazza.
Adesso c’è Mohamed, per tutti Mimmo. È egiziano e le sue più grandi passioni sono Dio, il lavoro e le patate, che come dice lui “stanno bene col pesce” che vende ai suoi affezionati clienti e ai migliori ristoranti di Roma. Ogni anno, in occasione del Natale e del Ramadan, con la moglie Enza e la famiglia offre un pranzo o una cena a base di ostriche e fritti di mare a tutti i fortunati che si trovano a passare davanti alla pescheria. Perché qui le tradizioni non muoiono, mutano appena, quel poco per restare ancorate ai tempi e alle persone.
8. Passeggiare per i viali dell’Orto botanico
Oltre a ospitare molte importanti collezioni che si estendono sui suoi dodici ettari, dove spiccano i bambù, il bosco mediterraneo, il roseto, le piante acquatiche e gli alberi monumentali, l’Orto botanico di Roma, in largo Cristina di Svezia, è impegnato nella conservazione della diversità biologica. Ospita il “Vigneto Italia”, il primo museo ampelografico (che studia, identifica e classifica le varietà dei vitigni) nazionale, che raccoglie ben 155 piante autoctone provenienti da ognuna delle venti regioni italiane. Una vigna di 520 metri quadrati cinta dalle Mura Aureliane, dove convivono a pochi passi l’uno dall’altro vitigni provenienti dall’estremo nord d’Italia fino al sud della Sicilia.
Tra le tante collezioni presenti nell’Orto botanico, una menzione speciale la merita il giardino giapponese progettato dall’architetto nipponico Ken Nakajima. Caratterizzato da giochi d’acqua, piccole cascate e dalla presenza di due laghetti, nel mese di aprile, grazie ai bellissimi ciliegi, arriva al momento di massima fioritura e bellezza.
9. Fermarsi a contemplare piazza dei Mercanti
Rimasta fuori dai soliti itinerari turistici, lontana dai locali della movida e al riparo dai rumori assordanti del traffico del lungotevere, piazza dei Mercanti, discreta, raccolta e bellissima, è ambizione immobiliare sognata da molti romani e trasteverini. Con i suoi palazzi bassi ma dai soffitti alti, le sue facciate ricolme d’edera, la sua acustica silente e la sua luminosità alla quale è esposta per quasi tutta la giornata, questa è una piazza vergine dalle speculazioni turistiche, un’oasi nel deserto e una meta contemplativa in quello che è un rione vivace, attivo, che dorme raramente.
Questo scorcio di Trastevere, così com’è, è perfetto: solitario e nascosto, calmo e sereno. Questo rione vale sempre la pena di essere studiato e conosciuto, ma qui vuole essere solo osservato e contemplato. Per citare un signore del quartiere, che vuole rimanere anonimo, ma che da anni passeggia tra questi vicoli: “Vojo mori’ a piazza dei Mercanti, se solo me ce mettessero ’na panchina ar sole”.
10. Andare la domenica mattina a Porta Portese
Porta Portese, attivo ogni domenica mattina, è il più grande mercato delle pulci di Roma e molte sono le abitudini dei romani legate a questo luogo: c’è chi si sveglia all’alba e chi non posa neanche la guancia sul cuscino per arrivare all’apertura dei banchi intorno alle cinque del mattino, perché, si sa, la roba di qualità è la prima ad andare via; c’è chi invece arriva subito prima della chiusura per contrattare con lo stanco venditore e ricavare un prezzo stracciato.
A Porta Portese si può trovare veramente di tutto, locandine vintage, giocattolai, armaioli, prime edizioni di libri, elettrodomestici d’annata, e persino i banchetti abusivi con il famoso gioco delle tre carte, ma il mercato è anche un luogo di incontro. Difficilmente si passa la mattinata senza riconoscere qualcuno della zona. Si incontra sempre un conoscente o un amico, insieme a cui si chiacchiera curiosando tra i banchi.
(Gianluigi Spinaci)