Il 30 maggio 1924, la Camera ascolta l’ultimo infuocato discorso di Giacomo Matteotti. Tra proteste, fischi e grida, il deputato socialista prende la parola per chiedere di invalidare le elezioni, che si sono tenute in un clima di terrore. Denuncia a gran voce i brogli dei fascisti, che hanno ottenuto molti voti con violenza, frodi e intimidazioni. Quando finisce di parlare, sa bene di aver firmato la propria condanna a morte. “Io il discorso l’ho fatto. Voi ora preparate il discorso funebre a me” dice ai propri compagni di partito. Pochi giorni dopo, il 10 giugno, scomparirà nel nulla. Soltanto più tardi si scoprirà che è stato rapito e assassinato da una squadraccia fascista.
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